Crescere ed educare i figli alla diversità

by EducataMente

I bambini piccoli sono una tabula rasa. Quando nascono non hanno preconcetti che diano loro la possibilità di comprendere cosa sia la normalità. Sono i genitori e la società che determineranno e influenzeranno il loro modo di pensare. Proprio per questo motivo, nella fase di sviluppo dei più piccoli, che sono privi di condizionamenti culturali e religiosi, bisogna cercare di capire come educare i bambini a comprendere che il “diverso” è solo un concetto e che la cosa più importante è il rispetto reciproco tra gli esseri umani. Nel prosieguo dell’articolo indichiamo come educare i propri figli alla diversità e al rispetto degli altri.

Unici e speciali: siamo fatti così. Ciascuno di noi, con le proprie caratteristiche, è portatore sano di diversità. È con la diversità che ci distinguiamo e arricchiamo il mondo che ci circonda e la società con cui ci confrontiamo ogni giorno. È dalla diversità che impariamo ad affrontare nuove sfide, strategie e soluzioni: che diventiamo persone migliori.

Ma chi è il diverso?

Per un adulto il “diverso” è in ogni dove: si è diversi per il colore della pelle, degli occhi o dei capelli; si è diversi per religione, orientamento sessuale e ceto sociale; si è diversi per tifoseria sportiva, provenienza geografica o numero di cromosomi.

E per i bambini?

Per i bambini, “diverso” può essere associato ad un oggetto, non ad una persona.

Ce lo ha dimostrato la Noemi Associations che ha realizzato un video chiedendo a varie coppie genitore-bambino di copiare le smorfie che venivano proiettate su uno schermo. Un gioco divertente finché non è comparsa a video una bambina disabile: è stato il momento in cui i genitori “hanno preso coscienza” e si sono commossi, mentre i bambini hanno continuato il gioco senza notare diversità, senza percepire stranezze.

Unici e speciali: siamo fatti così. Ciascuno di noi, con le proprie caratteristiche, è portatore sano di diversità. È con la diversità che ci distinguiamo e arricchiamo il mondo che ci circonda e la società con cui ci confrontiamo ogni giorno. È dalla diversità che impariamo ad affrontare nuove sfide, strategie e soluzioni: che diventiamo persone migliori.

Ma chi è il diverso?

Per un adulto il “diverso” è in ogni dove: si è diversi per il colore della pelle, degli occhi o dei capelli; si è diversi per religione, orientamento sessuale e ceto sociale; si è diversi per tifoseria sportiva, provenienza geografica o numero di cromosomi.

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E per i bambini?

Per i bambini, “diverso” può essere associato ad un oggetto, non ad una persona.

Ce lo ha dimostrato la Noemi Associations che ha realizzato un video chiedendo a varie coppie genitore-bambino di copiare le smorfie che venivano proiettate su uno schermo. Un gioco divertente finché non è comparsa a video una bambina disabile: è stato il momento in cui i genitori “hanno preso coscienza” e si sono commossi, mentre i bambini hanno continuato il gioco senza notare diversità, senza percepire stranezze.

La verità è che i bambini – a differenza degli adulti – sono ottimi osservatori e notano le differenze, ma non giudicano. Invece fanno domande, tante, ogni volta che possono. E con le nostre risposte diamo loro dei pezzi di puzzle da mettere insieme per creare la “loro” visione del mondo.

“Perché lei sta sulla carrozzina e io posso correre?”. “Perché noi viviamo in casa senza papà e lui invece ne ha due?”. “Perché quelle due si baciano come marito e moglie?”. “Perché lui è nero e io sono bianco?”.

Domande come queste, i bambini se le pongono ogni giorno e in diverse occasioni, non per fare differenza, ma per capire. E spesso noi adulti, colti di sorpresa, non sappiamo cosa rispondere e ci limitiamo a zittire il bambino, in attesa di formulare una risposta intelligente, che però poi non arriva. E finiamo per non rispondere o farfugliare giusto qualche parola.

O, peggio, preveniamo le domande scomode con una comunicazione non verbale devastante: prendendo per mano i bambini e avvicinandoli a noi, accarezzandoli, quasi a rassicurarli che l’incontro con il diverso sia solo un caso sfortunato e momentaneo, che passerà presto e che possono contare sulla nostra presenza per sentirsi al sicuro nel mondo.

Non ce ne rendiamo conto ma, il nostro imbarazzo nel trovare una risposta, si traduce in una indicazione comportamentale per i nostri bambini: è come se stessimo facendo passare il concetto che è meglio evitare di parlare di tutto ciò che è diverso da noi.

Senza saperlo, abbiamo piantato il seme dello stereotipo e del pregiudizio.

Paolo Valerio [professore ordinario di Psicologia Clinica presso l’Università Federico II di Napoli] sostiene che “gli stereotipi agiscano in senso de-umanizzante, in quanto veicolano i rapporti sociali sulla base di categorie predeterminate e non sulla conoscenza reale dell’altro”.

Per gettare le basi di una società inclusiva quindi, bisogna agire presto e al meglio che possiamo: insegnando a cercare un contatto, valorizzando le diversità, gestendo le reazioni e sviluppando empatia.

Creare un contatto

Qualsiasi sia l’argomento in discussione (colore della pelle, religione, orientamento sessuale, disabilità fisica), cerchiamo di far conoscere al bambino di cosa stiamo parlando e rendiamolo consapevole della “diversità” in questione.

Aiutiamoci con le favole (se l’età del bambino lo consente ancora), con libri e immagini che mostrano le varie etnie che popolano il mondo, che spiegano le religioni, che mostrano quante persone con disabilità fisiche conducono una vita assolutamente normale, che l’Amore tra due persone non può e non deve conoscere limiti.

Raccontiamo la verità e presentiamo il mondo nella sua completezza.

Riconoscere il valore

Come genitori/educatori abbiamo l’obbligo morale di insegnare ai bambini che ciascuno possiede potenzialità diverse. Aiutiamolo a trovare le sue peculiarità, le specialità in cui è più bravo di altri, le attività in cui si sente più sicuro. Poi giochiamo a individuare i punti di forza anche negli altri.

La diversità è un valore. Insegniamolo ai bambini.

Riconoscere e accettare la diversità ci rende più empatici e capaci di relazionarci con gli altri, ampliando le nostre conoscenze e riducendo i margini d’azione della paura e dell’ignoranza, i veri nemici da combattere.

Gestire le reazioni

L’atteggiamento nei confronti della diversità è legato alla soglia di tolleranza, personale e culturale.

Imparare a gestire le reazioni – di adulti e bambini – alla vista di una persona “speciale”, è fondamentale per fare i conti con la paura della diversità, non solo da un punto di vista scientifico ma anche (anzi soprattutto) emotivo.

Elaborare (e dare il tempo di elaborare) con serenità le emozioni provate al contatto diretto con la diversità, ci permette di adattarci alla sua presenza e di comprenderla. Ci permette di sviluppare una competenza speciale: la competenza sociale, che rende flessibile i nostri schemi di pensiero, aprendo nuove strade all’interazione umana.

Sviluppare empatia

Imparare (e solo dopo insegnare) a riconoscere i sentimenti degli altri, durante la loro quotidianità, dare il nome corretto ai sentimenti, spiegare l’effetto sugli altri di un nostro atteggiamento invasivo, trovare dei punti in comune con gli altri, immedesimarsi e guardare le cose da punti di vista nuovi e sempre diversi, ascoltare e osservare invece di parlare: sono tutte azioni valide per abbattere i muri dell’indifferenza – spesso più dolorosa della diversità stessa.

Vero è che le differenze ci contraddistinguono: dal colore degli occhi, dei capelli, della pelle, alle ideologie, alle esperienze, fino ai sogni e alle speranze.

Vero è che siamo tutti diversi, gli uni dagli altri.

Ma nel rispetto della vita, in ogni sua forma, dovremmo essere tutti uguali. Sempre.

Fonte: https://www.metlife.it

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